Bandiera Tricolore del Museo del Risorgimento di Lucca

Mediagallery

Dopo essere stata ammainata col Congresso di Vienna che pretendeva di cancellare dalla storia l’intero periodo napoleonico, la bandiera verde, bianca e rossa, nata con le repubbliche giacobine del triennio 1796 – 1799, si rifugiò nella clandestinità delle società segrete, generalmente di ispirazione massonica.
A questa fase della nostra storia nazionale risale, con ogni probabilità, il tricolore, tra i più antichi d’Italia, conservato a Lucca presso il Museo del Risorgimento: le tre bande verticali con i colori che poi sarebbero diventati canonici lo collocano tra gli anni venti e l’inizio degli anni trenta del XIX secolo, quando i colori azzurro, rosso e nero della tradizione massonica furono sempre più spesso sostituiti dal verde, bianco e rosso. Ha questa struttura, per esempio, la bandiera dell’effimero Stato delle Provincie Unite (5 febbraio 26 aprile), nato dagli sfortunati moti emiliani e romagnoli del 1831; inoltre, nel luglio dello stesso anno, lo statuto fondativi della Giovane Italia, redatto da Giuseppe Mazzini, ribadisce che proprio quelli sarebbero stati i colori della bandiera italiana.
Nel primo come nel secondo caso agiscono due suggestioni:

  • una storica, ovvero la memoria del tricolore che aveva sventolato in Emilia e nella Repubblica Cisalpina;
  • l’altra legata all’attualità politica: Le vicende francesi del 1830, che avevano visto la rivoluzione di luglio, la cacciata del reazionario Carlo X e l’avvento della monarchia costituzionale di Luigi Filippo d’Orleans, avevano significato anche il recupero di un altro tricolore, quello francese, e della sua straordinaria capacità di evocare gli immortali principi di libertà, uguaglianza, fraternità.

Ancora una volta costretto alla clandestinità il tricolore italiano fece la sua apparizione alla vigilia del 1848, l’”anno dei portenti”. Dopo essere stato per oltre quindici anni sottratto alla vista e alle passioni degli italiani, tornò a sventolare di nuovo proprio a Lucca, nei giorni tra il 6 e il 10 settembre 1847 in concomitanza con le manifestazioni popolari che imposero a Carlo Lodovico di Borbone, che solo un mese più tardi avrebbe abbandonato la città delle Mura, la formazione della Guardia Civica, la liberazione dei prigionieri politici e l’impegno a nuove leggi e riforme. Solo alcuni giorni più tardi, il vessillo verde, bianco e rosso avrebbe guidato le dimostrazioni patriottiche livornesi e fiorentine.
Di poco più tarda la frase che campeggia nella banda bianca centrale

“Italia libera Dio lo vuole”

Si tratta di affermazioni perentorie, che riprendono la tesi giobertiana di una Italia fondata su una confederazione con a capo il papato, che contraddistingueranno i tricolori del Governo Centrale provvisorio di Lombardia (8 aprile 1848 – 2 agosto 1848) e che si ritrova anche nella monetazione di quei mesi.Una testimonianza di come la bandiera lucchese abbia partecipato ai più esaltanti momenti della prima guerra d’indipendenza e dell’intera vicenda risorgimentale.

Il Museo del Risorgimento ha ricevuto nel 1925 questo prestigioso tricolore dall’Amministrazione Provinciale di Lucca che lo aveva ricevuto in dono dal Senatore Giuseppe Soma nel 1895 accompagnato dalla lettera di seguito riportata.

Lucca 2 agosto 1895

Ill.mo Sig. Presidente
Della Deputazione Provinciale di Lucca

Mi pregio di offrire a questa nobile Provincia ove ho passato con tanto piacere l’ultimo periodo della mia vita, la bandiera dei Carbonari del 1821, al cui Comitato già apparteneva il mio genitore che la ebbe in custodia e che a me la lasciò alla sua morte.
Questa bandiera sventolò alle cinque giornate di Milano ove io ho combattuto sulle barricate nel 1848.
Mi duole che i documenti comprovanti l’autenticità di questa bandiera non possa produrli, perché mi furono sequestrati all’epoca del mio arresto, quale compromesso politico.
Sono sicuro che la Provincia di Lucca custodirà gelosamente questo ricordo storico dei Moti Rivoluzionari che prepararono il nostro Risorgimento Nazionale.”

f.to Giuseppe Soma

(Il testo della lettera è tratto dall’opuscolo “Museo della guerra” edito a cura della Federazione Prov.le Combattenti di Lucca, pag. 10 – stabilimento tipografico A.M. Amadei – 1934).